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Deneuve alcolizzata e trasgressiva per Provost

Deneuve alcolizzata e trasgressiva per Provost

Grande duetto con la Frot in 'Quello che so di lei'

ROMA, 06 aprile 2017, 09:17

Francesco Gallo

ANSACheck

Una foto di scena di 'Quello che so di lei ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

Una foto di scena di  'Quello che so di lei ' - RIPRODUZIONE RISERVATA
Una foto di scena di 'Quello che so di lei ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

Uno straordinario duetto al femminile tra due grandi attrici, Catherine Deneuve (nel ruolo di Beatrice) e Catherine Frot (in quello di Claire), è la cosa che più colpisce del film franco-belga 'Quello che so di lei' (Sage femme) di Martin Provost (Séraphine) passato fuori concorso al Festival Di Berlino e ora in Italia dall'11 maggio con la Bim.

La Frot interpreta Claire, una madre single cinquantenne con un figlio adulto che si dedica da anni al suo lavoro di levatrice anche con troppa passione (nel film tante sequenze di bambini appena venuti alla luce); la Deneuve, quasi a fare da contraltare, è invece una donna di oltre settant'anni, piena di vita, trasgressiva, giocatrice ed alcolizzata, e con una colpa grave da farsi perdonare: è stata l'amante del padre di Claire, proprio la donna che ha fatto abbandonare la casa all'uomo, ex campione di nuoto. Ora, ovviamente, tra loro non corre buon sangue, ma un singolare incontro le renderà prima complici e poi più che amiche. Claire troverà infatti in lei quella spinta a vivere, a mettersi in gioco, a trasgredire che non aveva mai avuto prima, mentre Beatrice quella figlia sognata, protettrice, capace di assisterla nella malattia che deve affrontare. Nel cast anche Olivier Gourmet, Quentin Dolmaire e Mylène Demongeot.

"Il punto di partenza di questa storia è forse il fatto che sono stato salvato alla mia nascita da una di queste 'sagge' donne - dice il regista oggi a Roma -. Lei mi ha anche donato il suo sangue, insomma una storia assai complicata, ma una delle scene del film parla un po' di quello che mi è davvero capitato. Ho voluto così rendere omaggio a una professione assolutamente magnifica, il secondo mestiere più vecchio del mondo, spesso lasciato troppo in ombra". Il mio film, aggiunge, "è anche una favola con Audrey Dana che interpreta il ruolo del direttore di questo ospedale dove ci sono 5000 nascite l'anno, io racconto un po' il mondo di domani. Sarebbe bello che un giorno ci potessimo risvegliare dicendo che bisogna sostenere queste donne che ci fanno iniziare a vivere. Non le si può ignorare, non se ne ha diritto. Anche se la tecnica ha fatto progressi immensi, quei gesti lì sono fondamentali per far nascere qualcuno, come quelli che accompagnano qualcuno a morire. Non si ha il diritto né di far morire né di far nascere qualcuno da solo. Se si capirà questa cosa, il mio film avrà svolto il suo compito".

E infine, conclude Provost, nato a Brest nel 1957, "questo mio lavoro è un po' la storia della cicala e della formica di La Fontaine. Nella vita è tutta questione di equilibrio, ovvero essere un po' cicala e un po' formica".

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