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Mia Benedetta, racconto donne uccise da corpi dei carnefici

Mia Benedetta, racconto donne uccise da corpi dei carnefici

In Corpo unico, con Forte, Puccini, Colella a Alice nella città

ROMA, 19 ottobre 2023, 17:24

Redazione ANSA

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Un mondo sospeso e cupo (sopravvive una sola donna, fuggiasca, interpretata da Vittoria Puccini) abitato da soli uomini 'cacciatori' e autori di femminicidi che sono condannati ad avere per sempre dentro di loro, nei loro corpi, anche le emozioni, i traumi e i ricordi delle donne uccise. E' il racconto (prodotto da Emma Film e Mia Film) tra incubo, realtà e favola nera di Corpo unico, il corto di Mia Benedetta (attrice qui alla sua prima regia di una storia di fiction), con un cast corale che comprende anche Linda Caridi, Francesco Colella, Iaia Forte, Andrea Lattanzi, Francesco Bolo Rossini, Anastasia Doaga e Daniele Esposito, al debutto alla Festa del Cinema di Roma in Alice nella città.
    Un racconto in cui i carnefici sono costretti ad assumere, come pena del contrappasso, la voce delle loro vittime, tornando alle violenze verbali e fisiche e agli ultimi fatali incontri. Nel manifesto del film appare un pesce mostruoso, l'anglerfish "che ha un modo terribile di accoppiarsi. Il maschio entra nel corpo della femmina e vi rimane come un parassita - spiega all'ANSA Mia Benedetta -. Mi sembrava un parallelismo molto potente, è come se i tre uomini della storia, non si liberassero mai del delitto commesso". Il fatto che si trattasse "il tema del femminicidio, non in una forma naturalistica o realistica, mi ha subito interessato" aggiunge Iaia Forte. Per l'attrice "non bastano le leggi sul femminicidio, serve un'educazione al rispetto e uno sguardo verso la donna diverso, in una società ancora improntata su modelli 'fascisti'". Le donne che denunciano "in gran parte dei casi, hanno di fronte uomini in divisa - osserva Francesco Colella -. Chi potrebbe legalmente salvarle spesso le lascia sole perché sono persone senza la preparazione emotiva necessaria per capire quanto quelle situazioni possano essere gravi". Il problema è "anche culturale, manca una cultura dell'ascolto e in questo caso ogni disattenzione è colpevole, perché può provocare una morte". Andrea Lattanzi, è colpito da quanto la violenza di genere sia compiuta anche dalla sua generazione: "Si dovrebbe lavorare a sensibilizzare su questi temi fin da dalla scuola".
   
   

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