Un John Fitzgerald Kennedy
inaspettato. E' quello descritto da Bruno Vespa nel suo ultimo
libro "Kennedy. Fu vera gloria? Amori e potere di un mito",
presentato oggi nella sede romana di Confagricoltura. A parlarne
con lui Marco Frittella, direttore editoriale di RaiLibri, e
Roberto Arditti, direttore di Formiche.net. Accanto all'autore
anche Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, e
Roberto Della Seta di Eprcomunicazione.
"Kennedy è un mito perché è morto": è con una provocazione
che comincia il racconto di oggi di Bruno Vespa, che non teme di
"parlar male" di un presidente che è entrato nella storia degli
Stati Uniti. La verità è che il Kennedy uomo era molto altro,
secondo il giornalista: "Gravissime malattie, oltre che una
sorta di bulimia sessuale che era quasi un tic". Ma certamente
anche errori politici, come il fallimento dell'invasione della
Baia dei Porci. Il ritratto che Vespa traccia del presidente
assassinato non nasconde nulla, né il bene né il male. Anche
perché, ammette lo stesso giornalista, Kennedy gli sta pure
"simpatico".
Al tempo stesso, la sua morte ha lasciato insegnamenti
tuttora validi, tra cui quello sulla sicurezza delle personalità
pubbliche, come accaduto per la recente visita a Roma del
presidente ucraino Volodymyr Zelensky - che Vespa ha
intervistato - e il grande sforzo per tutelare la sua
incolumità. "La sicurezza fu rivista completamente dal giorno
dopo la morte di Kennedy - ha raccontato Vespa a margine della
presentazione - era assolutamente folle che un percorso non
fosse monitorato e che non ci fossero cecchini e che l'assassino
abbia potuto sparare standosene comodamente nel proprio ufficio.
Una forma di dilettantismo paradossale che poi non è stata più
ripetuta". Nemmeno oggi.
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