Bello spettacolo di tensione emotiva e narrativa questo ''La zattera di Gericault'' nella messinscena di Piero Maccarinelli, grazie alla temperie romantica, alla metafora del naufragio e alla capacità dell'autore, Carlo Longo, di mettere insieme fede e ustioni dell'artista creatore con una storia tutta colpi di scena da drammone appunto francese, tra amori illeciti, figli illegittimi, tradimenti della fiducia, senso di colpa e ricerca della salvezza nella pittura durante la restaurazione post Waterloo. Produzione del Teatro di Napoli, lo spettacolo, che ha debuttato al San Ferdinando, si replica sino al 6 novembre.
Del resto, quel che racconta possiamo dire che è tutto vero, con la scrittura e l'invenzione drammatica che ricostruisce vita e tormenti del grande pittore francese Théodore Gericault (1791-1824), autore del celeberrimo dipinto ''La zattera della Medusa'', realizzato a 28 anni e esposto al Salone d'Autunno del 1819, facendo scandalo sul piano poltico mutato dopo la caduta di Napoleone, specie tenendo conto che sul piano artistico era già ben noto e apprezzato sin da quando, al Salone di sette anni prima, in consonanza invece con i successi napoleonici, aveva presentato il quadro ''Ufficiale dei Cavalleggeri della Guardia imperiale alla carica''. Così Maccarinelli per primo sottolinea nelle sue note che ''quella zattera non rappresenta la Francia alla deriva dopo la caduta di Bonaparte o la terribile agonia dei superstiti al naufragio della fregata Meduse, ma il naufragio della vita stessa dell'artista, in una storia d'amore proibita e disperata''.
Ecco allora l'ottima trovata dell'autore, raccontare tutto a ritroso, dai giorni di quel Salone con l'esposizione del dipinto nel 1819, atto d'accusa a egoismi e irresponsabilità della nuova classe dirgente monarchica, ricostruendola come se gli ripassasse davanti tutta la vita, quella che si chiuderà cinque anni dopo, in seguito a due brutte cadute da cavallo, proprio quando il Louvre ha finalmente acquistato il dipinto della zattera e uno come Ingres lo critica perché ''mostra cadaveri, invece di insegnare il bello''.
Un naufragio quindi, ispirato a un tragico avvenimento di cronaca ma, che per Gericault e il suo spirito romantico realista non ricrea solo un fatto accaduto, ma allude soprattutto a un tempo del sentimento, esistenziale, che lega la fragilità dell'uomo al mondo e le forze della natura, cosa che nello spettacolo è appunto ribadita e presente, in quel ricostruire i fatti della zattera, abbandonata al momento del naufragio alla furia del mare da comandante e ufficali della Medusa (messisi in salvo sulle poche scialuppe vere) con sopra 149 persone e poi recuperata dopo 12 giorni da un'altra nave che ne trova solo 15 ancora vivi.
In scena, nello studio di Gericault, preda del suo doloroso estro creativo alla ricerca ''dell'esatto colore della morte'', all'aprirsi del sipario il grande dipinto (5metri per sette circa) è lì praticamete terminato in tutta la sua scovolgente potenza, poi mentre la narrazione procede a ritroso di mese in mese, di anno in anno, questo va scomparendo sino ad arrivare aglii abbozzi, ai disegni inziali. Contemporaneamente, da una parte, con la testimonianza di un sopravvissuto cui il pittore si rifà, si ricostrice quella drammatica avventura e cosa avvenne sulla zattera sino al momento del naufragio, e, dall'altra, la vita dell'artista, dal ''dolore sordo'' per la perdita della madre che allevia iniziando a dipingere allo sconvolgimento quando l'amante resta incinta, e acquista coscienza di come pian piano la sua esistenza sia andata alla deriva, a infrangersi contro quella unica persona cui doveva fiducia, benevolenza, aiuti materiali e che invece ha tradito.
Un bel, coinvolgente racconto, tra un alternarsi di sentimenti da rabbiosi a teneri, il furore creativo e la passione civile, con molte interessanti notizie e notazioni, ma mai didascalico nell'invenzione del testo e del dialogo e nella scena firmata da Gianni Carluccio, cui Maccarinelli dà il ritmo e la tensione necessaria avendo anche un gruppo di ottimi interrpreti, dal rabbioso e tormentato, impegnativo Gericault che Lorenzo Gleijeses riesce a non far andare mai sopra le righe, alla vivacità e verità del suo assistente di Francesco Roccasecca; la sofferenza e vitalità del sopravvissuto di Claudio Di Palma; l'intenso e credibile zio di Nello Mascia e il dramma e i trasalmenti della Alexandrine di Anna Ammirati, tutti applauditissimi da un pubblico rimasto coinvolto, che li ha chiamati più volte alla ribalta.
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