(di Paolo Petroni)
Un grande applauso con molte chiamate
alla ribalta di Saverio la Ruina scioglie il silenzio teso,
l'attenzione e la partecipazione che hanno segnato il suo
monologo (autore, regista e interprete), 'La borto', che ha
avuto il suo effetto grazie anche alla intrinseca forza della
lingua calabro-lucana, che all'inizio crea distanza e poi man
mano avvolge e coinvolge col suo tono di verità.
È stato l'ultimo dei suoi tre spettacoli portati a Roma al
Teatro Quirino sulla violenza sulle donne, subito dopo la
presentazione della Primavera dei Teatri 2025. È il festival di
Castrovillari, in Calabria, in provincia di Cosenza, di cui la
Ruina è direttore artistico e animatore con Dario De Luca e
Settimio Pisano, giunto dal 26 maggio al primo giugno alla sua
25/ edizione, ormai vivace appuntamento di rilevanza nazionale
con oltre 35 tra spettacoli teatrali, danza, musica, mostre e
incontri, una giornata ricordo per Francesco Silvestri e
presenza di personaggi che vanno da Iaia Forte a Danio
Manfredini, da Emanuele Trevi a Letizia Russo che danno vita a
un'anteprima e 9 prime nazionali, 4 residenze artistiche. Per
tutte le informazioni https://primaveradeiteatri.it.
Dopo 'Disonorata', su una violenza e un delitto d'onore, e
prima di 'Polvere' sui sottili, inquietanti, prevaricatori
rapporti di coppia, 'La borto', nato nel 2009 e che ha girato
oramai in tutta Italia e all'estero, è raccontato da una donna,
dal suo punto di vista così doloroso e quotidiano nel ritmo, lo
sguardo, la lingua, che lo rende struggente e straziante,
nascendo quasi come un dialogo, un discorso che la protagonista
rivolge a Gesù: "facile in paradiso comportarsi bene, ma venite
abbascio, qui tra le tribolazioni…".
La donna racconta da quando tredicenne la fecero incontrare
con il promesso sposo, seduto all'altro lato per lungo del
tavolo con bottiglie in mezzo che non glielo fanno nemmeno
vedere bene, a quando all'altare lo scopre brutto e sciancato,
ma finisce per avere "l'allucinazione" di crederlo dolce e
tenero; da quando nemmeno trentenne ha già otto figli e si
scopre affetta da 'corridoite', ovvero girare per il corridoio
non andando a letto finché il marito non si è addormentato, sino
a restare incinta nuovamente con la via crucis di aborti
clandestini e poi negli anni un drammatico finale in ospedale
con non meno sofferenze.
Così, sospinta e schiacciata dall'"arrangiati!" del marito,
che la possiede nel senso letterale della parola e la lascia
sola a provvedere a casa e figli, sempre uno attorno, uno in
braccio e uno in pancia, cresce una sorta di autodifesa, di un
cercare di scansarsi o non farsi vedere, di latitare con una
scusa, più che una presa di coscienza. All'inizio la Ruina si
aggira, appena visibile nell'oscurità grazie a una maglia
bianca, e poi, pian piano viene a sedersi al centro mentre
cresce la luce, come se un'immagine fantasmatica andasse pian
piano a fuoco, definendosi, a annunciare il percorso della sua
donna.
L'attore infatti ce la restituisce in prima persona, in un
quotidiano raccontarsi che proprio in questa dimensione diventa
di straziante leggerezza e incisività emotiva, tra lamenti e
farsi forza, tra pudori e confessioni, tra tenerezza e
rassegnazione, tutto in piccoli gesti, espressioni del viso,
movimenti della testa e del corpo, lievi intonazioni, sempre
sulla sedia come fosse nell'angolo di una cucina. L'attore veste
pantaloni, ciabatte e calze celesti, quasi a ricordare, nel
momento in cui si fondono, l'uomo e il personaggio femminile. Il
suo dire è sostenuto anche dal suono di strumenti a fiato
suonati di spalle, nel buio della scena nuda.
Uno spettacolo intimo e assieme che si rivela di violenta
denuncia della situazione delle donne del sud, e non solo, di
ieri come di oggi, nell'ondata di femminicidi quotidiani, capace
di evitare qualsiasi nota retorica, puntando sulla dimensione
più umana, che rende esemplare la cronaca.
Quanto a Primavera dei Teatri, prima di tornare a
Castrovillari per gli ultimi preparativi, ci tiene a
sottolineare che "venticinque anni di festival a Sud, in
Calabria, sono un piccolo miracolo. Un percorso fatto di sogni e
visioni, scommesse e lotte, politica e poesia. Tempo lungo di
teatro vissuto, progettato, attraversato. Anni di spazi aperti
alla città, di formazione e relazioni, di cambiamenti e ritorni.
Con l'acqua alla gola e le ali di cera, ma con i piedi saldi a
terra e lo sguardo rivolto al futuro".
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