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Molinari, "Non ce n'è Coviddi"

Molinari, "Non ce n'è Coviddi"

autore si interroga: è andato tutto bene?

ROMA, 16 aprile 2025

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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(di Enzo Quaratino) GIANNI MOLINARI, NON CE N'È COVIDDI (Guida Editore, pp. 153, 15 euro).
    Volti chiusi dietro mascherine, città ammutolite, notizie che si rincorrevano senza tregua. Ricordare quei giorni non è solo un esercizio di memoria, ma un modo per fare i conti con ciò che siamo diventati. In "Non ce n'è Coviddi", Gianni Molinari, giornalista de Il Mattino - sceglie di tornare a quei mesi sospesi con uno sguardo che mescola la precisione del cronista alla sensibilità del testimone. Non c'è solo la cronaca dei fatti, ma il tentativo di dare un senso a un tempo disorientato.
    Senza inseguire l'emozione facile o cadere nel patetico, Molinari ripercorre la prima ondata della pandemia in Italia e lo fa con uno stile asciutto, a tratti ironico, sempre attento a non perdere di vista le contraddizioni di un Paese che, di colpo, ha scoperto la propria vulnerabilità.
    Il volume si distingue per la capacità di intrecciare l'immediatezza dell'evento con una riflessione più ampia: il racconto si allarga alle ricadute economiche, sociali, culturali. Le vignette di Riccardo Marassi e le fotografie dell'autore stesso accompagnano il testo come appunti visivi, piccoli scatti che trattengono la densità di un tempo eccezionale.
    Molinari indaga il modo in cui la pandemia è stata rappresentata, vissuta, elaborata. Mette a nudo l'inadeguatezza del sistema mediatico, la frammentarietà del dibattito pubblico, il disagio di fronte a un cambiamento che ha colto tutti impreparati. E con la stessa attenzione documenta le fratture già esistenti che il virus ha solo reso più visibili: disuguaglianze nella scuola, fragilità produttive, precarietà digitale.
    Il libro - che ha la prefazione di Massimo Galli - è attraversato da una domanda implicita: cosa resta di quei giorni? La risposta non è semplice, ma l'autore prova a costruirla intrecciando piani diversi, dal locale al globale, e restituendo al lettore strumenti per leggere il presente attraverso la lente del recente passato. La crisi sanitaria, suggerisce, ha accelerato processi già in corso - dalla crisi della globalizzazione all'affermazione del lavoro da remoto - e obbliga a rivedere priorità, abitudini, relazioni.
    Più che un diario, "Non ce n'è Coviddi" è un esercizio di responsabilità civile. Un racconto necessario che, senza rinunciare alla sobrietà, riesce a emozionare, perché parla di noi, del nostro smarrimento e del nostro tentativo - fragile, ma ostinato - di resistere e capire.
   

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