Per il secondo giorno consecutivo la Casa Bianca ha impedito a un giornalista dell'Ap di partecipare a un evento nello Studio Ovale, dopo che la prestigiosa agenzia internazionale americana si e' rifiutata di allinearsi alla decisione di Trump di rinominare il Golfo del Messico in Golfo d'America. La portavoce della Casa Bianca Katerine Leavitt ha giustificato cosi' la mossa: "Se crediamo che i media in questa stanza stiano diffondendo bugie, gliene chiederemo conto. E' un dato di fatto che il bacino d'acqua al largo della Louisiana si chiami Golfo d'America. Non capisco perché i media non lo chiamino così", ha continuato Leavitt.
L'Associated Press non adotta la dizione 'Golfo d'America' e due suoi reporter vengono tenuti fuori dalla porta dello Studio Ovale: un'espulsione "inaccettabile", secondo l'Associazione dei corrispondenti dalla Casa Bianca, che ha chiesto all'amministrazione "un immediato cambio di rotta" nelle stesse ore in cui Apple, un altro colosso del tech dopo Google, si piegava all'ordine di Donald Trump di cancellare dalle mappe la storica denominazione del Golfo del Messico.
"L'Associated Press informa miliardi di persone ogni giorno in modo fattuale e indipendente", ha protestato la direttrice dell'agenzia Julia Pace. "La Casa Bianca ci ha detto che se non avessimo allineato i nostri standard con l'ordine esecutivo di Trump, l'Ap sarebbe stata messa al bando dall'Oval Office".
Dalle minacce ai fatti: due giornalisti sono stati tenuti fuori dall'Oval Office ieri in due occasioni, una delle quali, lungi dall'essere cerimoniale, si è trasformata in una conferenza stampa dello stesso Trump con Elon Musk. "E' allarmante che l'amministrazione punisca l'Ap per il suo giornalismo indipendente", ha proseguito Pace chiamando in causa il primo emendamento della Costituzione. "La Casa Bianca non può decidere come le testate giornalistiche riportano le notizie, né può penalizzare reporter perché non è contenta delle decisioni delle loro redazioni", ha offerto solidarietà l'Associazione dei corrispondenti.
Non è una novità che Trump abbia relazioni ostili con i media tradizionali da lui, salvo rare eccezioni, definiti "nemici del popolo", ma i rapporti con il quarto potere sono decisamente peggiorati dopo il 20 gennaio. Venerdì il Pentagono ha espulso un secondo gruppo di giornalisti dagli spazi riservati al dipartimento della Difesa, mentre l'angusta sala dei briefing room della Casa Bianca è stata fin dall'inizio del secondo mandato aperta a influencer e podcaster togliendo posto a testate tradizionali.
Trump ha firmato l'ordine esecutivo sul Golfo d'America ('Ripristinare Nomi che Onorano la Grandezza Americana') il giorno stesso dell'insediamento. Domenica, in volo da Mar-a-Lago a New Orleans per il Super Bowl, ha proclamato il 9 febbraio Giornata del Golfo d'America.
Google Maps si era già piegata al diktat presidenziale in gennaio, seguita da gruppi industriali attivi nell'area come Chevron e Bp, mentre ieri è stata la volta della Federal Aviation Administration che adeguerà le sue mappe per riconoscere anche l'altro cambiamento chiesto da Trump: che il Monte Denali in Alaska torni al nome originario di McKinley. Oggi si è inchinata Apple nella sua app di mappe. La modifica riguarda per il momento i clienti americani ma si allargherà su scala globale mentre per il momento sembra resistere Bing, il motore di ricerche di Microsoft.
Da parte sua, la portavoce della casa Bianca, Karoline Leavitt, ha detto che "ci riserviamo il diritto di decidere chi ha il diritto" di entrare nello Studio Ovale. Rispondendo a chi gli chiedeva dell'esclusione dell'Ap dall'evento di ieri nello Studio Ovale, Leavitt ha chiarito che "Apple e Google hanno riconosciuto" la designazione e "per questa amministrazione è molto importante" che lo sappiano tutti, non solo negli Stati Uniti ma anche nel resto del mondo.
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