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Spiragli tra Iran e Usa, primo contatto diretto in Oman

Spiragli tra Iran e Usa, primo contatto diretto in Oman

Trump ribadisce: 'Mai l'atomica'. Teheran apre ma avverte: 'La priorità è l'interesse nazionale'

13 aprile 2025, 07:42

di Silvana Logozzo

ANSACheck
L 'Iran consegna a ministro Oman la sua posizione sul nucleare - RIPRODUZIONE RISERVATA

L 'Iran consegna a ministro Oman la sua posizione sul nucleare - RIPRODUZIONE RISERVATA

 Il nuovo capitolo del rapporto conflittuale tra gli Stati Uniti e l'Iran si è aperto in un caldo pomeriggio di Muscat, capitale del Sultanato dell'Oman. I colloqui esplorativi sul nucleare di Teheran si sono tenuti secondo regole dettate dalla repubblica islamica: indirettamente, con le delegazioni in due sale separate, tra cui ha fatto la spola il ministro degli Esteri omanita Badr al-Busaidi per portare i messaggi.

Ma anche con un primo contatto diretto, anche se di pochi minuti, tra i due mediatori: le due squadre negoziali, con quella americana guidata da Steve Witkoff e quella iraniana dal ministro degli Esteri Abbas Araqchi, hanno prima trasmesso le loro proposte, poi dopo due ore di scambi si sono incrociate faccia a faccia. In un comunicato finale, l'Iran ha sottolineato che l'atmosfera è stata "positiva e costruttiva".

E le stesse parole sono arrivate dalla Casa Bianca che ha annunciato che i colloqui continueranno il 19 aprile, probabilmente non a Muscat ma sempre con la mediazione dell'Oman. "La parte americana ha affermato che un accordo positivo può essere raggiunto il prima possibile. Non sarà facile e richiederà la volontà da entrambe le parti", il commento della diplomazia di Teheran. Alla vigilia Trump, in partenza verso Mar-a-Lago per il weekend, aveva sintetizzato: "Voglio che l'Iran sia un Paese felice, ma non può avere armi nucleari".

Teheran ha preferito rimanere sul vago, pubblicando sulla tv di Stato un video con la dichiarazione di Araqchi: "La nostra intenzione è di raggiungere un accordo equo e onorevole da una posizione paritaria, si spera che ci sia la possibilità di un'intesa iniziale che porti a un percorso di negoziati". I colloqui tra Stati Uniti e Iran sono ritenuti cruciali per il futuro della regione da tutte le cancellerie occidentali ma anche dai Paesi arabi. Una fonte della famiglia reale saudita ha sottolineato che se Teheran "aprirà davvero i suoi impianti nucleari consentendo la supervisione, abbandonando i suoi delegati nella regione ed evitando la guerra, allora sarà un buon risultato". Qualsiasi segnale positivo darebbe un contributo per allentare le tensioni in Medio Oriente, che dopo il massacro di Hamas il 7 ottobre 2023 ha assistito a una serie di sconvolgimenti, conflitti, riposizionamenti come non era mai successo prima. Ora, l'influenza di Teheran risulta significativamente indebolita, ma la pace fortemente invocata da Trump nella regione passa inevitabilmente per la via iraniana. Nel 2015, l'ex presidente Barack Obama negoziò un accordo per impedire a Teheran di ottenere un'arma nucleare.

Trump ritenne l'intesa troppo debole e l'America ne uscì subito dopo il suo primo insediamento nel 2018, imponendo sanzioni drastiche al settore petrolifero degli ayatollah. Così come ha fatto ancora un volta giovedì scorso. Nei quasi sette anni trascorsi, il programma nucleare della guida suprema Ali Khamenei ha compiuto passi da gigante: con l'arricchimento dell'uranio al 60%, facendo aumentare le probabilità che si possa dotare della bomba atomica. Tornando ai colloqui a Muscat, una fonte del Sultanato ha riferito a Reuters che l'incontro ha riguardato "la riduzione delle tensioni regionali, lo scambio di prigionieri e accordi limitati per allentare le sanzioni imposte all'Iran, in cambio del controllo del programma nucleare di Teheran".

Israele da parte sua ritiene che il nucleare in mano ai pasdaran sia una minaccia alla propria esistenza. Trump sembra aver fissato una scadenza di due mesi per i negoziati: se i due grandi nemici non troveranno un punto di avvicinamento, toccherà proprio a lui decidere se accettare l'esistenza dell'Iran come 'Stato di confine nucleare', oppure mettere in atto la minaccia di un attacco militare.

 

 

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