Sono 62 le donne alawite rapite nelle
ultime settimane in Siria da non meglio precisate milizie
sunnite considerate vicine al nuovo governo di Damasco, secondo
quanto riferisce una relazione dettagliata del Comitato per i
diritti umani in Siria con sede a Ginevra.
Questo conteggio corrisponde in parte a quello diffuso nei
giorni scorsi dall'Osservatorio per i diritti umani in Siria,
secondo cui da marzo a oggi "più di 50" donne alawite sono state
rapite ai posti di blocco eretti da non meglio precisati
miliziani sunniti filo-governativi.
Il conteggio del Comitato per i diritti umani si basa su
testimonianze e fonti incrociate sul terreno da ricercatori e
attivisti per i diritti umani.
Il fenomeno dei rapimenti delle donne alawite si inserisce nel
più ampio contesto di continue e sistematiche violazioni da
parte di gruppi armati considerati vicini al nuovo governo
siriano nei confronti di civili della costa siriana, nelle
regioni di Latakia e Tartus. "Siamo di fronte a una sistematica
pulizia etnica", si legge nella relazione.
Queste regioni, sono abitate in prevalenza da alawiti,
comunità sciita identificata col passato regime della famiglia
Assad dissoltosi dopo 54 anni lo scorso 8 dicembre. Ai primi di
marzo in meno di una settimana, gruppi armati filo-governativi
hanno ucciso, secondo conteggi concordanti forniti da
organizzazioni per i diritti umani in Siria, circa 1.500 civili
alawiti, tra cui donne, bambini, anziani.
Intanto è salito a 9 morti il bilancio di scontri armati
ancora in corso a Jaramana, sobborgo di Damasco controllato da
miliziani drusi, secondo quanto riferito dall'Osservatorio
nazionale per i diritti umani in Siria. Il ministero degli
interni di Damasco ha smentito che forze governative abbiano
preso parte agli scontri.
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