Il Brasile accetterà l'invito
dell'Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (Opec) e
si unirà al gruppo "Opec+" che riunisce - insieme ai 13 membri a
pieno titolo - dieci grandi produttori petroliferi "alleati"
(tra cui la Russia).
La decisione, annunciata dal ministro dell'Energia Alexandre
Silveira, è stata presa nel corso della riunione del Consiglio
nazionale per la politica energetica (Cnpe). "Il Brasile è stato
invitato a far parte del gruppo di cooperazione e oggi abbiamo
autorizzato l'avvio del processo di adesione", ha detto alla
stampa. "Si tratta solo di un forum per discutere le strategie
dei Paesi produttori di petrolio. Non dovremmo vergognarci di
essere produttori di petrolio", ha dichiarato il ministro.
Alle critiche degli ambientalisti rispetto alla decisione del
governo, Silveira ha risposto affermando di avere rispetto per
gli attivisti. "Sono anche io un ambientalista, a volte mi
considero più ambientalista di loro", ha dichiarato.
La risposta di Greenpeace alla decisione non si è fatta
attendere. Secondo Camila Jardim con l'annuncio della sua
adesione all'Opec+, il Brasile invia "un segnale sbagliato al
resto del mondo", soprattutto nell'anno in cui il Paese ospiterà
la Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici del
2025 (Cop 30), a Belém, in Amazzonia. "Il Brasile sta andando
controcorrente cercando di unirsi a un gruppo che funziona come
un cartello del petrolio, impegnandosi a sostenere prezzi
redditizi controllando l'offerta", ha affermato responsabile
brasiliana dell'Ong.
Per Greenpeace il mondo ha bisogno di "nuove strategie" e di
non rivolgere la propria attenzione ai "vecchi schemi" di
esplorazione petrolifera. "Per avere successo nella sua politica
internazionale potrebbe approfondire le sue relazioni con alcuni
di questi paesi in altri forum multilaterali per espandere i
diversi percorsi e modelli di transizione energetica,
transizione produttiva ed economia a basse emissioni di
carbonio, in linea con gli impegni dell'accordo di Parigi",
riferiscono dall'Ong.
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