"Le attività imprenditoriali della
sanità privata (ospedali accreditati, cliniche e farmacie) sono
state direttamente ed indirettamente colpite dalle restrizioni
dai vari decreti emanati dal Governo durante la fase
emergenziale. Tutte queste azioni hanno avuto come riflesso una
contrazione dei ricavi nel primo semestre 2020. Ora che il
decreto ristori bis affronta questo problema, è opportuno creare
le condizioni perché non ci siano difformità di trattamento tra
le strutture delle diverse realtà regionali". Lo sostiene il
segretario del Consiglio nazionale dei commercialisti, Achille
Coppola, secondo cui dal testo emerge come "l'individuazione
dei costi fissi per natura di ogni singola struttura accreditata
del territorio nazionale, soggetta al contributo di ristoro,
dovrebbe uniformarsi a criteri e principi contabili omogenei di
rendicontazione, al fine di evitare difformità di trattamento ed
interpretazione di classificazione diversa fra le regioni". Per
questo, va avanti la nota, il gruppo di lavoro 'Cluster service
economy - Sanità' che opera all'interno del progetto "Attività
d'impresa" del Consiglio nazionale dei commercialisti, avrà come
priorità, anticipa il referente Gianluigi Longhi, "la
predisposizione nelle prossime settimane di un documento avente
come obiettivo l' identificazione delle linee guida di indirizzo
per una rendicontazione omogenea dei costi fissi sostenuti dalle
varie strutture sanitarie rientranti nella fattispecie prevista
dal ristori bis". Coppola aggiunge che "saranno individuati
anche i criteri omogeni di rendicontazione dei costi di natura
straordinaria inerenti alla realizzazione in urgenza dei reparti
Covid nelle strutture a supporto della domanda di assistenza
emergenziale richiesti, o precettati dai competenti Enti", si
chiude la nota.
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