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Santanché alla prova della sfiducia in Aula, gelo degli alleati

Santanché alla prova della sfiducia in Aula, gelo degli alleati

Pochi di FdI e una leghista. Musumeci: "Daniela è una tosta

ROMA, 10 febbraio 2025, 21:10

di Michela Suglia

ANSACheck
La ministra Daniela Santanché mentre arriva in Aula - RIPRODUZIONE RISERVATA

La ministra Daniela Santanché mentre arriva in Aula - RIPRODUZIONE RISERVATA

Quasi in solitaria e "convinta di essere dalla parte della ragione". La ministra Daniela Santanchè affronta così la prova della sfiducia del Parlamento. A chiederne le dimissioni sono 5 Stelle, Pd e Avs dopo il rinvio a giudizio per falso in bilancio nell'inchiesta Visibilia e quello che incombe, per truffa aggravata all'Inps. Il voto però è rinviato. A data da destinarsi. 

 

Ma dalla maggioranza, il sostegno latita. Almeno a contare i deputati nell'aula di Montecitorio: nessuno di Forza Italia, solo una leghista ai banchi del governo (la viceministra all'Ambiente Vannia Gava) e 11 di Fratelli d'Italia. Più i due ministri meloniani che le stanno accanto, al centro dell'Aula: Nello Musumeci, amico dai tempi della Destra di Storace e l'immancabile Luca Ciriani, responsabile dei Rapporti con il Parlamento. Entrambi negano che le assenze in aula siano segno di distanza e isolamento verso Santanchè. E tanto meno che lei stessa sia amareggiata: "Assolutamente no, Daniela è una tosta", garantisce Musumeci. Per Ciriani "è semplicemente lunedì" (giorno in cui normalmente l'Aula non si riunisce). E non manca chi, come Giovanni Donzelli di FdI, traduce la "poca folla" alla Camera come una reazione voluta, quasi per snobbare le opposizioni sulla "provocazione" delle dimissioni.

Nessuno scandalo nemmeno per la Lega. Visto anche l'endorsement dato da Matteo Salvini a metà mattina: "Uno è innocente fin quando non è condannato in tre gradi di giudizio - aveva detto prima di partire per Gerusalemme - Non vedo perché uno si debba dimettere per un avviso di garanzia o per un rinvio a giudizio". Per Santanché è la terza sfiducia, dall'inizio della sua avventura nel governo Meloni. La prima nell'estate del 2023 al Senato, poi alla Camera ad aprile scorso, tutte respinte. E l'esito - assicurano nel centrodestra - sarà lo stesso anche stavolta. E "allora sì, che ci saremo", aggiungono.

Le opposizioni invece insistono. Contestando il "conflitto di interessi vivente che è la ministra", l'attaccamento alla poltrona e le bugie ai cittadini. Non va meglio nel centrodestra, dove restano l'imbarazzo e il gelo covati finora nei confronti della ministra che, per carattere e per convinzione, sembra decisa a restare al suo posto. Lo deduce Donzelli, fedelissimo della premier: "La riflessione che Santanché aveva detto che avrebbe fatto, a quanto pare, l'ha fatta e quindi è andata avanti". In effetti lei non mostra tentennamenti. Entra a Montecitorio mezzora prima dell'Aula (convocata alle 14), sfoggia un tailleur crema e un foulard al collo e si ritaglia il tempo per una chiacchiera con Augusto Minzolini, un pranzo al ristorante e una sigaretta in cortile.

Poi si fa strada tra i giornalisti e a parte un "buongiorno a tutti", fila dritta in Aula. Quando entra la discussione è già cominciata. La ministra ascolta, parla con Musumeci, prende qualche appunto ed esce all'ultimo intervento. Nessuna replica, quindi. Un copione noto che però indispettisce le opposizioni e alcuni 5S urlano "Vergogna".

Banchi semivuoti anche nell'emiciclo di sinistra ma non mancano Elly Schlein per i Dem e Giuseppe Conte per il M5s. Nessuno dei due parla in aula, ma a fine seduta l'ex premier non resiste alla tentazione e ironicamente saluta Rampelli dicendogli: "Meno male sei venuto almeno tu!". Conte diventa più duro in serata, al Tg3, ricordando che sulla ministra "ci sono gravi accuse, addirittura anche una truffa aggravata per l'utilizzo improprio di fondi Covid. Non possiamo permettere questo senso di impunità a un ministro del nostro governo che sta arrecando disdoro all'Italia intera".

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