Più dei dazi americani, sono i contro dazi europei e come Bruxelles negozierà davvero con la Casa Bianca a preoccupare Matteo Salvini.
E in vista di quel bivio che impone una scelta a breve, il vicepremier leghista è categorico: o si tratta tutti insieme o niente. Pur essendo un fan dei negoziati bilaterali con gli Usa piuttosto che allargati, Salvini ora glissa e va al contrattacco: i 'furbetti' europei che giocano in solitaria e con "arroganza", ci sono già. Altro che unione. "L'Europa è un club", con soci che pagano la quota (l'Italia) e altri con la tessera gold che "saltano la fila", insiste.
E li chiama per nome: sono i tedeschi che "comprano armi", i francesi di Emmanuel Macron che "si sente Napoleone" e gli spagnoli di Pedro Sanchez che tratta direttamente con la Cina per salvare il jamon iberico. Quindi sintetizza in romanesco: "Unione de che?" Un affondo da cui salva Giorgia Meloni, esempio invece di 'pontiere' tra Stati Uniti ed Europa sui dazi e non solo. L'alleato più affascinato dall'America di Donald Trump, promuove il viaggio della premier alla Casa Bianca, in programma il 17 aprile. "Bene fa Giorgia ad andare a Washington, a provare a essere sintesi". Ripete che "bisogna fare insieme e trattare insieme".
A chiedere che Oltreoceano l'Europa parli con una voce sola è pure Matteo Renzi, convinto però che serva un inviato speciale per la trattativa con Trump e che la persona giusta sia Mario Draghi, "leader autorevole, credibile, forte". Salvini insiste invece sul ruolo della presidente del Consiglio che tra pochi giorni volerà negli States. E ne fa motivo di orgoglio di squadra: "E' bello che sia il governo italiano a essere portavoce dell'accordo, del dialogo e unità". Per sé stesso, punta a un incontro con il vicepresidente degli Usa, Vance, atteso a Roma prima di Pasqua. Salvini l'aveva sentito al telefono venti giorni fa, scavalcando un po' meloniani e forzisti, rimasti freddi. Sulla possibilità di vedere Vance, Salvini ora dice: "Penso e spero di sì", anche se dovrebbe essere un confronto a tre, insieme a Tajani. Il ministro degli Esteri è stato in India, cercando sponde per nuovi mercati, mentre nessun impegno ufficiale per Meloni. Tranne "alcune ore passate" con Santiago Abascal.
E' il leader di Vox a rivelarlo con una foto su X, aggiungendo di essere "sempre ben accolto" dall'"amica e alleata", nonostante abbia lasciato i conservatori di Meloni per i Patrioti di Salvini. Le parole del leghista risuonano di mattina, accogliendo gli iscritti alla scuola politica del Carroccio, a Palazzo Rospigliosi a due passi dal Quirinale. Il 'capitano' alterna moniti paterni ("se volete una vita più comoda, scegliete qualsiasi altro partito: avrete meno inchieste e meno titoloni") alle priorità della Lega (lavoro e pace). E soprattutto gli attacchi all'Europa dell'arcinemica Ursula von der Leyen (non la cita, mentre manda un abbraccio all'amica Marine Le Pen). Tante le differenze con Bruxelles. Dal Green deal al piano di riarmo, contestando pure il cambio di nome: da Rearm Eu a Readiness 2030, cioè Prontezza 2030. E chiede caustico: "Quindi noi spendiamo ora in armi e nel 2030 ci difenderemo?". Se la prende pure con la strategia verso Usa e Cina: "Noi vendiamo prodotti negli Usa. La concorrenza alle nostre imprese arriva da Germania e Cina. E adesso per i geni di Bruxelles dobbiamo abbracciare i tedeschi e magari aprirci ai mercati cinesi, facendo guerra ad americani e russi". Salvini alza la voce, tra gli applausi. Dunque insiste: lui non è anti europeista o sovranista. La colpa è della Ue, che è "dis-unione", e "il principale nemico è la burocrazia europea, non l'idea di Europa".
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