È stato colpito per quattro volte
alla testa con la mazza da baseball. Ma prima di essere
tramortito e ferito a morte, Giovanni Fresi, l'orafo di
Arzachena ucciso dal figlio Michele la notte tra il 27 e il 28
dicembre del 2023, ha cercato di parare i colpi. La dinamica
dell'efferato omicidio è stata rievocata questa mattina
nell'aula della Corte d'assise di Sassari dal medico legale,
Salvatore Lorenzoni, che eseguì l'autopsia sul corpo del 58enne.
Secondo la relazione illustrata davanti alla Corte presieduta
dal giudice Massimo Zaniboni, a latere Valentina Nuvoli,
Giovanni Fresi ha avuto la frattura del braccio e
dell'avambraccio sinistri, segno che ha cercato di parare le
bastonate che il figlio Michele, completamente stravolto da un
mix di anfetamine, cocaina, cannabis e alcol, gli stava
infliggendo per strada, mentre lui cercava di calmarlo e
riportarlo a casa.
Dopo avere cercato di fermare i colpi, è stato raggiunto da
una prima mazzata alla testa, nella parte posteriore sinistra. È
stato il colpo più violento, che lo ha tramortito e gli ha fatto
perdere conoscenza. Poi, una volta crollato a terra e
completamente indifeso, è stato colpito altre tre volte sempre
alla testa, questa volta sulla parte laterale destra. I colpi
fatali, secondo il medico legale. L'orafo è morto poco più tardi
in ospedale, dove era arrivato già in coma e dove i medici hanno
tentato l'impossibile per tenerlo in vita.
Prima del medico legale Lorenzoni, in aula ha deposto Sofia
Maria Vasiliu, amica fidata di Michele, colpita anche lei dal
28enne poco prima dell'omicidio, e viva per miracolo. Assistita
dall'avvocato Giampaolo Murrighile, ha risposto alle domande
della pm Claudia Manconi e degli avvocati di parte civile
Massimo Schirò e Jacopo Merlini: "Michele mi chiamò la notte del
27, intorno alle 22. Quando sono arrivata a casa sua, lui era
chiaramente strafatto. Mi ha detto che aveva preso sette
cartoncini di acido. Sul tavolo aveva cocaina, fece due tiri e
fumammo una sigaretta. Cercavo di tranquillizzarlo. L'ultimo
ricordo che ho è lui che mi si avvicina. Poi più nulla. Mi sono
risvegliata sola in casa, sono uscita, sanguinavo, ho chiamato
il 118". La donna era stata colpita alla faccia, o da una
raffica di pugni o con la mazza da baseball, riportando tre
fratture.
Dietro le sbarre, Michele Fresi è rimasto per tutto il tempo
in piedi, le mani conserte e il capo chino. Le udienze
proseguiranno a febbraio con i testi delle parti civili e
dell'avvocato difensore, Pierfranco Tirotto.
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