Da Gio Ponti a Arturo Martini, da
Giacomo Manzù a Mario Schifano: la fascinazione del mondo
dell'arte nel Novecento è ora una mostra in programma fino al 3
agosto alla fondazione Rovati di Milano, dove i reperti
archeologici vengono accostati alle opere del secolo scorso.
La mostra è il 'secondo capitolo' di 'Gli etruschi del
Novecento' che si è chiusa il 16 marzo al Mart di Rovereto. La
differenza principale è che, dati gli spazi, in questo caso si è
deciso di concentrare il lavoro principalmente agli autori
italiani.
E dunque nell'ipogeo della fondazione Rovati, dedicati alla
collezione etrusca, si trovano così accostati i buccheri con il
loro tipico colore nero di età antica con le creazioni di Duilio
Cambellotti e Gio Ponti realizzate con Carlo Alberto Rossi, e
askos, antichi vasi dalla forma particolare con due aperture,
ripetuti e reinterpretati.
La riscoperta artistica degli etruschi - spiega Giulio
Paolucci, che ha curato la mostra con Lucia Mannini, Anna
Mazzanti e Alessandra Tiddia - si deve al futurismo, una
riscoperta "anche politica perché furono il primo popolo a unire
l'Italia". Per la loro rivalutazione artistica ha avuto enorme
importanza lo storico ritrovamento del 1916 dove si trovava
l'antica Veio di un gruppo di statue fra cui l'Apollo policromo
e la testa di Bellerofonte, che si trova in mostra. Da qui parte
l'etruscologia. Al primo piano della fondazione è la storia
della fortuna degli Etruschi nel Novecento ad essere ripercorsa:
il manifesto della diciannovesima esposizione internazionale di
arte contemporanea di Venezia del 1934 che rappresenta Apollo, i
materiali la mostra 'dell'arte e della civiltà etrusca' che nel
1955 fa tour in Europa e tappa a Milano e ancora le nove mostre
del 1985 a Firenze 'Buongiorno etruschi' che è stata
d'ispirazione per 'The Etruscan Scene: Female Ritual Dance' di
Andy Warhol, pezzo (con anche due disegni) che fa parte della
collezione della Fondazione, e ancora gli appunti di Gio Ponti
del 1924 con tanto di schizzi dal museo archeologico di Firenze.
E poi le opere degli anni Ottanta di Paolo Gioli e Alighiero
Boetti per una storia che continua ancora ad essere scritta.
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