Per tanti simbolo di giustizia e modello di donna, per altri nemico politico, Ilda Boccassini, per anni procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Milano, ha deciso di raccontarsi in un libro.
"La stanza numero 30 Cronache di una vita" esce il 7 ottobre per le edizioni Feltrinelli.
"È stata la mia vita e spetta solo a me decidere cosa
farne", scrive la magistrata che per la prima volta parla delle
indagini sulle stragi mafiose del 1992, ma anche dei processi
con imputato Silvio Berlusconi. Un racconto che rivela molto
degli ultimi trent'anni di storia italiana. Arrivata nel 1979
alla Procura di Milano, Ilda Boccassini capisce da subito che la
vita non sarà facile. Troppe donne, tuona l'allora procuratore.
E il "Corriere della Sera" il giorno stesso scrive che "il
lavoro inquirente poco si adatta alle donne: maternità e
preoccupazioni familiari male si conciliano con un lavoro duro,
stressante e anche pericoloso". Inizia così un corpo a corpo di
Ilda ''la rossa" dentro e fuori la Procura che durerà fino al
giorno della pensione, nel 2019.
Il lavoro duro ma entusiasmante del primo periodo, i successi
con Giovanni Falcone nell'indagine Duomo Connection, che per la
prima volta svela all'Italia l'esistenza della mafia a Milano. E
poi il giorno in cui tutto finisce e tutto comincia: il 23
maggio 1992, lo squarcio sull'autostrada per Capaci. Si parte
allora per la Sicilia, a indagare su quelle morti, sconsigliata
da tutti, perseguitata - racconta con sincerità - dal senso di
colpa per i figli lasciati a Milano, ma è necessario provare a
capire e a dare giustizia. Il ritorno a Milano è già Seconda
Repubblica e sarà segnato dai processi a Berlusconi, Imi-Sir,
Lodo Mondadori, Toghe sporche. E con quei processi l'inizio di
una campagna d'odio durata decenni, fino ai processi degli anni
Duemila per il caso Ruby.
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