(di Mauretta Capuano)
Donald Trump che sta "fingendo di
essere una vittima", gli Stati Uniti che "dovranno scegliere tra
democrazia e fascismo", i classici che hanno ispirato la sua
trilogia partita con Città in fiamme e un omaggio al grande
Cormac McCarthy, morto due giorni fa. Il re del crime Don Wislow
parla senza esitazione di scrittura, libri, confini simbolici e
materiali e dell'America attuale nell'intervista fatta nella
diretta di oggi di Sky Tg24 da Palazzo Reale di Milano.
"La maggior parte dei miei ricordi di McCarthy viene dalla
sua trilogia che era così bella che dopo averla letta la lessi
di nuovo" dice lo scrittore in collegamento video da Rhode
Island. "Sembra esserci una barriera adesso tra quella che io
considererei l'America tradizionale e quella che è diventata un
diverso tipo di America. Vivere lungo il confine deve essere
davvero molto difficile. La maggior parte degli stereotipi, dei
pregiudizi che esistono si infrangono quando si arriva a una
particolare relazione tra le persone" spiega.
Nella sfida all'interno del partito repubblicano chi
preferirebbe vedere come candidato alle elezioni generali del
novembre 2024 tra Trump e Ron De Santis? "Chiedere chi si
preferisce tra questi due è una barzelletta. Non vorrei mai
vedere nessuno dei due, ma è irrilevante. Credo che il candidato
repubblicano sarà Trump. E questo vuol dire che gli americani
dovranno fare una scelta netta tra democrazia e fascismo".
"Credo che ci siano sostenitori di Trump che si sentono lasciati
indietro da una nuova economia e sistema. I democratici
dovrebbero fare un lavoro migliore, parlare con queste persone e
dire: 'che cosa hanno fatti i repubblicani per voi? Che cosa ha
fatto Trump per aiutarvi a uscire da questa situazione?. La
risposta è nulla".
Preferirebbe qualcun altro al posto di Joe Biden alle
presidenziali prossime? "Biden credo possa competere. Ci sono
delle divergenze politiche, delle differenze enormi tra i due:
Trump è indecente, Biden è dignitoso. Dovremmo scegliere la
decenza" ha affermato lo scrittore il cui ultimo libro uscito in
Italia è Città dei sogni (Harper Collins).
La sua ultima trilogia guarda ai classici. Il protagonista
Danny Ryan è ispirato ad Enea ed è un profugo. I migranti di
oggi sono un po' come Enea? "La maggior parte dei profughi
sfuggono dalla violenza nei loro paesi nello stesso modo in cui
Enea scappava dalla guerra di Troia. Cercano un posto dove avere
una vita migliore. La storia d'America è una storia di
immigrazione. Quando guardiamo adesso ai profughi che arrivano
dall'America centrale, dal Messico, è una situazione molto
simile al viaggio di Enea. Cercano un posto dove trovare casa".
E dei classici, scoperti intorno ai 40 anni dice:
"Sono uno scrittore di crime e questo è il mio ambiente, ma
leggendo i classici si scopre che tutto quello che affrontiamo
nella vita e nella fiction contemporanea c'è già stato in
passato. Nello scrivere questa trilogia ho preso in prestito
qualcosa da queste grandi storie, dalle tragedie greche,
dall'Odissea, l'Iliade. Ci insegnano che l'esperienza umana è
senza tempo, è universale".
C'è il rischio di rivedere immagini come quelle del 6 gennaio
2021 a Capitol Hill? "Potrebbe succedere soprattutto se non ci
sono delle conseguenze per quel tipo di comportamento. Ci sono
una serie di persone che sono state incriminate per questi
eventi, ma la leadership dopo quell'insurrezione non ha dovuto
rendere conto di nulla. A meno che non si faccia qualcosa e non
ci siano delle conseguenze severe per queste persone, c'è una
minaccia concreta".
Benché abbia dichiarato di non voler più fare libri, scriverà
sull'America di oggi? "Quando scrivo romanzi sono molto lunghi,
se dovessi scrivere di cosa sta accadendo oggi sarebbe alla fine
già tutto diverso. Non voglio scrivere sulla fine della
democrazia americana. Qui c'è bisogno di una reazione quotidiana
continua".
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