La prima volta che si videro era una sera d'autunno del 1949 a Milano. ''Camminavo per strada quando m'imbatto in una fila lunghissima - racconta lui all'ANSA - Che fate qui? 'Provini per il teatro', mi rispondono. Al tempo non facevo ancora l'attore, venivo da Brera, studiavo alla Bocconi, ma c'erano così tante belle ragazze che mi sono fermato. Poi ho incrociato i suoi occhi. Aveva 17 anni ed era così intelligente come noi maschilisti all'epoca non pensavamo potesse mai essere una donna''. ''Si, qualche filarino al liceo lo avevo avuto - fa eco lei - Ma lui, beh, era proprio un uomo. Bello, moro, con quel profumo sulla pelle...''.
Settant'anni dopo - da festeggiare quest'anno - sono ancora ''loro'': Elena Cotta e Carlo Alighiero, una delle coppie più belle dello spettacolo italiano, 92 primavere lui, 87 lei. Una vita insieme, fuori e dentro la scena, da Milano a Roma per l'Accademia d'arte drammatica Silvio d'Amico (con loro c'erano Monica Vitti, Luca Ronconi, Vittorio Gassman, per dirne alcuni) e poi i successi, due figli, un nugolo di premi e nipoti, con lei scelta dalla Compagnia dei Giovani di Valli e De Lullo, poi protagonista dei primi popolarissimi sceneggiati tv (Tessa la ninfa fedele con Alberto Lupo, Giulietta e Romeo di Franco Enriquez), ma anche l'Amleto di Bacchelli en travesti per cui si rasò a zero (''che freddo alla testa'', ride oggi), fino, più recente, la Coppa Volpi a Venezia per ''Via Castellana Bandiera'' di Emma Dante; e lui, attore e regista, che dall'Edipo di Seneca arriva al Tenente Sheridan in tv e poi porta l'Arlecchino servitore di due padroni di Goldoni fino in Cina e Siberia. ''Ci siamo anche sposati due volte: nel 1952 e nel 2012 per le nozze di diamante. La seconda con il nostro primo bisnipote'', racconta orgoglioso lui.
Ora ad attenderli, una nuova scommessa, la commedia brillante di Pierre Chesnot, ''Papà'', con la regia e l'adattamento di Alighiero, al debutto al Manzoni di Roma dal 28 febbraio (nel cast, Sergio Ammirata, Cinzia Berni, Luca Negroni, Andrea Carpiceci, Valentina Marziali). ''È un testo tagliato proprio su di me, anche se io preferisco storie più incentrate su Elena'', racconta Alighiero, che in scena veste i panni di un ricco editore alla vigilia del matrimonio con una donna di 30 anni più giovane, travolto però dall'arrivo di un figlio 55 enne di cui nulla sapeva. ''Si ride - prosegue - ma si parla anche di amicizia e famiglia, bei valori''. ''Io sono la zia che accompagna il 'nuovo' figlio: una donna cui ho dato qualche risvolto misterioso, inquietante'', aggiunge lei, divisa tra le prove in teatro e il set a Cinecittà per L'uomo senza gravità di Marco Bonfanti. ''Nel film sono la nonna di un bambino che, appunto, non subisce la gravità (interpretato da adulto da Elio Germano ndr) - spiega - Per proteggerlo, non gli permetto nessun contatto con l'esterno. È un film anche con risvolti comici: una volta perdiamo il piccolo in casa perché nessuno pensa a cercarlo sul soffitto''. Poi si torna a parlare di teatro.
''Quante vite ho vissuto e anche quante volte sono morta - scherza lei - A parte gli anni con la Compagnia dei Giovani, ogni volta che ho lavorato con qualcun altro non vedevo l'ora di tornare 'a casa', a farmi dirigere da Carlo. Lavorare con lui per me vuol dire soprattutto capirsi, cosa che non accade con tutti i registi. Forse, poi, essere sua moglie mi ha anche protetta. Mai avuto da lamentarmi per comportamenti indesiderati''.
''Ci sono stati anche periodi difficili - ammette lui - Sheridan non volevo più farlo, ad esempio. Fuggimmo in roulotte per due mesi in Jugoslavia per non pensarci. O quando nacque la nostra seconda figlia: avevamo gran bisogno di soldi e per fortuna scoprii il doppiaggio, diventando la voce di attori importanti come Anthony Quinn. Anche far rinascere il Teatro Manzoni, nell'86, non è stato facile. Oggi è il palcoscenico con più abbonamenti a Roma, ma lo Stato non aiuta e continua a tagliare sulla cultura''. Settant'anni insieme, ma qual è il segreto? ''Abbiamo attraversato persino il '68, l'Isola di White, gli anni del libero amore - ricorda lui - Ma a lavorare in teatro insieme si recupera tutta la stanchezza che può nascere tra coniugi''. ''Discutiamo molto, sempre. Se così non fosse, forse ci annoieremmo - sorride lei - Ma dal confronto ogni volta nasce qualcosa di positivo. Gelosie? Mai. Siamo sempre felicissimi per i successi dell'altro. Quando è arrivata la notizia della Coppa Volpi, io ero senza parole, Carlo piangeva commosso. Ormai, io sono un po' lui e lui è un po' me''.
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