Ginevra Bompiani ricorda che Mario Pannunzio la definiva ''principessa tolstojana finita in un racconto di Cechov" e lei poi spiega di aver imparato da Cechov l'importanza delle illusioni, che prevedono il fallimento e le disillusioni, ma senza le quali non ci sarebbe spinta verso il futuro. E' così che intitola questa narrazione delle sue passioni, dall'editoria al teatro, dalla letteratura all'attenzione agli altri, e quella bella avventura che è stata la sua vita ''La penultima illusione'' (Feltrinelli), concludendola con la festa dei suoi 80 anni e il leggiadro debutto in società di N., una giovane somala di cui ha avuto l'affido e che ha aiutato a ricostruire e metabolizzare una giovinezza estremamente tragica.
Il libro è un'autobiografia pubblica, ovvero, come dichiara lei stessa, con l'intenzione di non raccontare la sua intimità, che avrebbe avuto bisogno di una nota, uno stile diverso, anche se poi ci sono le sue riflessioni di donna che ha mancato la grande avventura dell'avere figli e si trova a far da madre a N, ma di ricapitolare la propria avventura di donna nata nella famiglia di uno dei grandi editori italiani, sino a diventare editrice nel 2002 lei stessa con Nottetempo, cui ha dato sostanza e solidità prima di cederla.
Tutto cominciando da subito a frequentare il mondo dei letterati e della cultura, con Pasolini che inventa, per lei ragazzina, un gioco e così avanti raccontandoci di incontri e condivisioni con personaggi che vanno da Elsa Morante e Alberto Moravia a Umberto Eco, la cui grande cultura la spingerà a farsi da parte nella casa editrice del padre dove lavorava (trent'anni ora dalla sua morte il 23 febbraio 1992 ricordati con l'uscita di una storia della casa editrice fondata nel 1929: ''Bompiani story'' di Luca Scarlini), poi quelli della stagione parigina e quindi l'incontro e l'amore con Giorgio Agamben, che le aprirà il mondo della filosofia, portandola a interloquire con Martin Heidegger, e della cultura inglese, da Stephen Spender a Francis Bacon. Ma i nomi che si possono incontrare in queste pagine anche per questo tutte da leggere sono tantissimi, ricordati in modo affettuoso e con quel filo di ironia che le permette, nei confronti di molti, una notazione, un aneddoto che meriterebbero di essere citati.
Se per Bompiani crea a un certo punto una collana che segnò un momento preciso, ''I pesanervi'', con attenzione a una letteratura da riproporre fantastica e dell'inquietudine moderna, al centro degli anni di Nottetempo c'è la scoperta e il lancio di Michela Agus, ''la persona che portò la casa editrice a galla'' e che fu finalista allo Strega e al Campiello, molto soffrendo le inevitabili passerelle legate al successo che non amava, ma scoprendo che ''Successo vuol dire sesso'', ovvero la fine delle sue pene d'amore.
Accanto all'impegno culturale c'è sempre stato poi l'impegno civile e umanitario, e anche qui altri incontri e notazioni, dagli anni del terrorismo, con Toni Negri e Franco Piperno, a Rossana Rossanda di cui pubblicherà le memorie, ma soprattutto il periodo di viaggi per partecipare alle tragedie degli altri, in Bosnia e in Africa, compresa quella Somalia da cui un giorno arriverà N.
La sua presenza e i suoi studi poi da cuoca fa un po' da filo conduttore in parallelo a questa rievocazione del passato a contrasto con il suo futuro e un rapporto affettivo tutto da costruire, superando una vita drammatica e piena di sensi di colpa per la fuga dal suo paese per sfuggire a un matrimonio con un guerrigliero e l'abbandono di sua madre, torturata dagli estremisti di Al-Shabaab cui apparteneva il promesso sposo.
E il libro quindi ha sì le radici nel passato, con quella coscienza di chi dice ''non mi è piaciuto compiere 70 anni'', ma guarda avanti attraverso il presente di un mondo impietoso che non ama i profughi pur essendo sempre in guerra.
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