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Le suore ribelli di Burgos aprono un ristorante, s'indaga sulla vendita di lingotti d'oro

Le suore ribelli di Burgos aprono un ristorante, s'indaga sulla vendita di lingotti d'oro

Sequestrati i lingotti d'oro che hanno usato per comprare il terreno e per pagare l'affitto del locale

MADRID, 19 febbraio 2025, 12:46

Redazione ANSA

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Nicaragua, Confederazione religiosi solidale con suore espulse - RIPRODUZIONE RISERVATA

Nicaragua, Confederazione religiosi solidale con suore espulse - RIPRODUZIONE RISERVATA

La comunità delle Hermanas Clarisas di Belorado, le suore clarisse di Belorado (Burgos), in Castiglia y Leon, note alle cronache come le suore dei cioccolatini e, soprattutto, per lo scisma che le ha portate fuori dalla Chiesa cattolica, hanno finalmente ottenuto la licenza per l'apertura del primo 'ristorante di clausura' ad Arriondas, nelle Asturie, nel nordovest spagnolo, su una delle rotte più battute dal turismo religioso. Lo annunciano le stesse suore su X, dove ringraziano per "il sostegno ricevuto da parte degli asturiani durante le intense giornate dei preparativi", nelle quali hanno ricevuto già decine di prenotazioni.
    Nella nuova impresa gastronomica, tre delle sorelle - Myryam, Alma e Sion - trasferitesi nelle Asturie dopo lo sfratto che incombe dal convento di Belorado, annunciano "un connubio di pietanze tradizionali asturiane e il meglio della cucina delle clarisse, oltre ai celebri cioccolatini".
    Ma per le ex monache di clausura non sono tutte rose e fiori.


    Nove mesi dopo lo scisma volontario e il successivo sfratto ingiuntivo mosso dall'arcivescovado di Burgos alle suore dal monastero di Santa Chiara di Belorado, la Procura indaga sulla possibile origine fraudolenta del denaro col quale l'ex badessa del convento, Laura Garcia de Viedma, ha annunciato l'acquisto di un terreno a Covadonga, nelle Asturie, e l'affitto del locale del 'ristorante di clausura' ad Arriondas. In particolare, la guardia civile indaga sulla vendita di 1,73 kg di lingotti d'oro per 130.000 euro, denunciata dall'arcivescovado di Burgos, secondo cui l'oro fa parte dei beni appartenenti alla comunità religiosa gestita dall'autorità dipendente dal Vaticano.


    Attualmente, secondo quanto anticipato dal Diario de Burgos, un tribunale - lo stesso che ordinato lo sfratto esecutivo - ha avviato un'inchiesta per accertare la provenienza dei lingotti.
    Secondo la Commissione di gestione del monastero, risultano 7 fatture di compravendita del metallo prezioso, fra luglio e agosto 2020, per un valore superiore ai 250.000 euro. Da parte loro, le ex monache si difendono sostenendo di aver venduto depositi in vari fondi di investimento e bancari, per acquistare oro come bene non deprezzabile. E che ora avrebbero venduto per mettere in piedi il ristorante di clausura e per l'acquisto di un terreno di 7.000 metri quadri a Covadonga. 
   

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