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(di Paolo Petroni)
NICOLA FANO, 'NON È IL CASO - LA VITA
SECONDO EDIPO' (TRECCANI, pp.112 - 14,00 euro)
"Quanti edipo accompagnano la vita di ciascuno di noi?". È
questa la domanda che apre e da cui nasce questo curioso,
articolato, intrigante saggio di Nicola Fano sulla ricchezza di
letture legate al mito e alla figura di questo sfortunato
personaggio "caleidoscopio di vite possibili", da bambino
abbandonato in montagna, ragazzo bullizzato, spavaldo risolutore
dell'enigma della Sfinge e quindi re e infine, dopo aver
dolorosamente scoperto di aver vissuta senza coscienza della
propria tragica realtà, anziano cieco mendicante. "Il mito,
dalla Grecia classica a oggi, lo ha inseguito in tutte le
stazioni della sua vita, al punto che la sua parabola umana può
legittimamente riverberare le esistenze di tutti".
Queste pagine diventano quindi un manualetto che cerca di far
capire come la tragedia greca, nata per far prendere eticamente
coscienza agli spettatori del loro essere persone nella società,
sia ancora utile oggi per vivere, per cercar di star magari
meglio con noi stessi e con gli altri, "col passo affabile e
disinvolto del 'ripasso creativo', della multiforme possibilità
del racconto del sapere, riannodando - come specificano gli
intenti della collana 'Tessere' della Treccani in cui il libro
di Fano è pubblicato - narrativamente i fili di conoscenze
fondative".
Insomma ognuno di noi può trovare qualcosa di Edipo in se
stesso, partendo da come ce lo ha raccontato Sofocle in 'Edipo
Re', poi in 'Edipo a Colono' e nell''Antigone'. Ci è maestra la
psicanalisi, ma non solo. Ci sono letture simboliche che possono
coinvolgerci in modo più semplice e immediato, cominciando
dall'assassinio del padre, necessario per crescere e guardare al
futuro, cosa che spesso in certi rapporti famigliari non accade
più mettendo in crisi una prospettiva di emancipazione, che ha
bisogno di partire dal nostro passato.
Edipo è il figlio del re Laio, cui viene predetto che un
giorno avrebbe questi avrebbe ucciso lui, il padre, avrebbe
sposato la madre Giocasta. Per questo viene deciso di
sopprimerlo, ma l'incaricato per pietà lo abbandonerà neonato su
un monte, dove lo troverà e salverà un pastore. Cresciuto, un
giorno avrà una lite per la precedenza con un potente che
uccide, senza sapere che si tratta del suo vero padre, e
arriverà Tebe dove diverrà re e si unirà a Giocasta, non sapendo
l'uno la verità sull'altro, avendone quattro figli, tra cui
Giocasta. Quando la verità verrà poi alla luce, Giocasta si
suiciderà e Edipo si accecherà andando ramingo, sino a trovare
accoglienza da Teseo, re di Atene.
Questa vicenda, qui riassunta in modo molto sintetico,
esemplare e metaforica, come tutta la tragedia classica, induce
Fano a alcune riflessioni. C'è quella sul destino e sul caso, su
quanto dipenda da noi, anche inconsciamente, quel che ci accade
nella nostra esistenza, più che essere un insieme di accadimenti
fortuiti. E c'è il problema di sapere chi si è davvero, di
rapportarci alla nostra identità, fare i conti con i nostri
limiti e con la nostra complessità, che non è un limite ma,
conoscendola, una ricchezza. In questo ci aiuterà, a partire dal
Novecento, dall'uscita de 'L'interpretazione di sogni' nel 1899,
la lettura che Freud darà di noi, spiegandoci e leggendo il
senso dell'esistenza attraverso quei miti, ma anche, nelle
divagazioni non casuali e nei collegamenti che fa Fano con la
letteratura di tutti tempi e poi anche le rivisitazioni moderne
di Edipo, così da poter concludere che la vita stessa è caso e
imperfezioni e come tale dobbiamo saperla vivere.
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